L'occasione mancata della piccola industria

Pubblicato il da sandro cherenti

Commento

    di Sandro Montega

Gli operai a un passo dal licenziamento, gli imprenditori in tribunale. Quella della Ila è una storia in un certo qual modo emblematica del fallimento, quantomeno parziale, del processo di reindustrializzazione del Sulcis. Un processo iniziato alla fine degli anni Sessanta quando il declino delle miniere, metallifere e carbonifere, era parso ineluttabile. Avevano guidato la conversione del sistema economico del territorio e la nascita di una società a connotazione industriale. L'esaurimento dei giacimenti, i costi e la scarsa meccanizzazione ne avevano scandito il declino.
Per colmare il vuoto era nato il progetto di industrializzazione. Prima una grande centrale termoelettrica (la Supercentrale di Portovesme) per bruciare il carbone del Sulcis, poi altre realtà legate alle Partecipazioni statali come la fabbrica (ora Portovesme srl) per lavorare i minerali ricchi di piombo e zinco delle miniere metallifere, o l'alluminio (Alsar, oggi Alcoa) con una fabbrica a “bocca di centrale” con l'energia elettrica in abbondanza e a basso costo.
La cosa inizialmente aveva funzionato. Le industrie erano diventate la camera di compensazione per i minatori che uscivano dalle gallerie e i giovani alla ricerca di un'occupazione. Ma il gioco è durato poco e le attese non sono state affatto appagate. Il processo si è fermato a metà. Attorno alle industrie di base non si è sviluppata la rete delle piccole fabbriche manufatturiere che avrebbero assicurato alta occupazione con bassi investimenti. La Ila era una di queste: trasformava l'alluminio grezzo in un prodotto finito. Non ha funzionato.

 

 

 

 

 

 

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