Eurallumina, a Roma sit-in a oltranza

Pubblicato il da sandro

I lavoratori oggi in piazza Montecitorio: appello alle istituzioni

Con la cassa integrazione in scadenza, gli operai della fabbrica di Portovesme manifestano a Roma.

          di Roberta Floris

«Eurallumina deve riaprire. Basta con i rinvii». Questa l'inequivocabile scritta nello striscione che gli otto lavoratori della fabbrica di Portovesme hanno piazzato, ieri mattina, davanti al ministero dello Sviluppo economico. È il secondo giorno nella capitale per gli operai di Eurallumina, lo stabilimento ormai chiuso da due anni, emblema - purtroppo, non l'unico - di una provincia in ginocchio. Indossano la tuta verde e il caschetto da lavoro, si appostano di fronte al dicastero, in via Veneto e, sventolando con fierezza la bandiera dei Quattro Mori. Gridano coi megafoni in mano: «Lotta dura per l'occupazione». Da oggi la protesta si sposta in piazza Montecitorio.

LA CASSA INTEGRAZIONE 

Lavora nello stabilimento come capo turno in produzione da dodici anni, Corrado Marongiu, che dice: «Entro giovedì, giorno in cui ci sarà l'incontro nella sede del ministero tra Governo, Regione, azienda e sindacati, dobbiamo avere le risposte che ci spettano. La cassa integrazione non è una soluzione. È in deroga per il secondo anno, scadrà a luglio e comporta una decurtazione del 10 per cento sullo stipendio salariale», tuona il trentasettenne delegato sindacale della Cgil.
Una battaglia per il diritto al lavoro che secondo gli operai potrebbe essere vinta con l'attuazione di quella che i lavoratori definiscono «una fase transitoria». A spiegarla nel dettaglio è Antonello Pirotto, 50 anni, dipendente del polo industriale dal 1982: «In attesa di costruire una centrale a carbone con una resa energetica ottimizzata e un grosso risparmio economico, la fabbrica potrebbe riaprire entro 18 mesi se le caldaie già esistenti venissero alimentate con sottoprodotti di olio combustibile a basso costo. È più denso, ma è sbagliato definirlo di scarto. Ha contenuti di zolfo superiori rispetto all'olio normale che il nostro impianto potrebbe bruciare e trattare senza un grosso impianto ambientale, perché c'è un altro impianto che filtrerebbe i fumi».
Al momento la trattativa, avviata dal ministero lo scorso 4 agosto, dovrebbe comprendere un quantitativo di 270 mila tonnellate di olio combustibile a prezzi competitivi e il coinvolgimento di tre aziende: Eni e Api quelle sicure, il nome della terza rimane in sospeso. Ma ancora gli accordi non sono concreti.


L'APPELLO ALLE ISTITUZIONI

  «Stato e Regione non possono, né devono stare in silenzio. Il governatore Ugo Cappellacci ci deve sostenere e si deve appellare alla presidenza del Consiglio», chiosa l'operatore di impianto Simone Oppes, di Nuraxi Figus, diplomato come perito chimico industriale: «Lavoro in Eurallumina da 5 anni, ho avuto solo contratti a termine e quando è arrivato quello definitivo, dopo un mese la fabbrica era già chiusa. Siamo stufi di aspettare, chiedo alla Regione di risolvere la vertenza di Eurallumina».
Un intervento auspicato anche da Gian Marco Mocci, da dodici anni coordinatore in produzione nello stabilimento del Sulcis: «Rimarrò qui a Roma finché non avrò risposte. I politici sardi sono lì perché li abbiamo votati noi e devono venire a lottare con noi per il nostro diritto a lavoro. Cappellacci metta dei punti fissi» 
Massimiliano Marongiu ha 35 anni e ricorda quando lavorava nella fabbrica come tecnico strumentista: «Lo stipendio era buono e quando un operaio di Eurallumina andava in banca a chiedere un mutuo, glielo davano senza problemi. Ora io e mia moglie, che è una consulente del lavoro, viviamo in un incubo e campiamo solo con i suoi guadagni. Non si può fare un progetto di vita serio e mettere in cantiere un figlio». 
Una situazione che si aggrava per chi i figli ce li ha già e non riesce a garantir loro un futuro. Alice e Noemi sono le figlie di Roberto Taullu, un operaio capo turno di 47 anni: «Se dovessimo andare a finire in mobilità non potrei pagare gli studi alle mie ragazze. Lo stipendio sarebbe tagliato all'osso: nel giro di due anni scenderebbe, infatti, a 480 euro. Mi sento frustrato, sono troppo giovane per andare in pensione e troppo vecchio per riuscire ad avere un altro lavoro».

LA PROTESTA

 La lotta dei lavoratori per la riapertura dello stabilimento si sposta, oggi, in piazza Montecitorio: «Il Governo ci aiuti - urla Angelo Amore, 50 anni - per noi la Patria è avara e matrigna. E si è dimenticata dei figli di Sardegna che hanno versato sangue e contribuito a unificare l'Italia». Una delegazione, fanno sapere i rappresentanti sindacali, sarà ricevuta dai capigruppo della Camera. «Ci è arrivata la telefonata di Veltroni - annuncia Francesco Garau, della Rsu aziendale - che ci ha garantito la sua presenza. Inoltre, due rappresentanti dei lavoratori parteciperanno a una trasmissione in diretta di Rainews24».


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