Alcoa:subito l'incontro a Palazzo Chigi

Pubblicato il da sandro

Alcoa, pressing dei sindacati: il 5 febbraio è troppo tardi

È una lotta contro il tempo, i sindacati provano a giocare le ultime carte per impedire la fermata degli impianti dell'Alcoa. «Subito l'incontro a Palazzo Chigi», chiedono le forze confederali, che vedono lontanissimo il confronto fissato per il 5 febbraio. «È troppo tardi, non si può più perdere tempo». La linea dura della multinazionale lascia pochi margini di manovra: «Stop alle produzioni entro il 6 febbraio e via alla cassa integrazione». Il clima a Portovesme (e anche a Fusina) si fa ogni ora più rovente. È concreta la possibilità di azioni di lotta plateali. Su tutte, la mobilitazione massiccia verso Roma, soprattutto se il confronto politico non verrà avviato prima di venerdì 5.


I SINDACATI

Le segreterie nazionali di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm chiedono formalmente un intervento del Governo per anticipare il vertice convocato a Palazzo Chigi: «La fermata degli impianti e la cassa integrazione sono inaccettabili». In Sardegna lo stop dell'Alcoa interesserà circa 800 persone (tra dipendenti diretti e operai delle ditte d'appalto), mentre in Veneto si fermeranno 114 lavoratori: «Siamo di fronte all'ennesimo atto unilaterale da parte di un azienda», denunciano i sindacati, «che smentisce costantemente gli impegni presi».


CAPPELLACCI A ROMA

Il presidente della Regione Ugo Cappellacci ieri è tornato a Roma per fare un nuovo punto (insieme al deputato Salvatore Cicu, consulente del ministero dello Sviluppo economico) sul caso Alcoa e sulla situazione del comparto dell'alluminio in Sardegna. «Sono stati contattati alcuni interlocutori internazionali», rivela la presidenza della Giunta, «per una loro valutazione e per un possibile interesse a investire in un settore strategico, non solo per l'Isola».


«INTERVENGA BERLUSCONI»

Il sindaco di Venezia Massimo Cacciari chiede al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di intervenire «personalmente» nella «drammatica crisi dell'Alcoa», assumendosi «la responsabilità di una pronta convocazione del tavolo» di Palazzo Chigi. Stessa strada per il governatore del Veneto Giancarlo Galan che ha scritto una lettera al premier, sollecitando l'anticipazione del vertice di Roma.


IL NODO ECONOMICO

Secondo le previsioni del Governo, il decreto legge sull'abbattimento dei costi dell'energia elettrica interrompibile avrebbe dovuto spingere l'Alcoa a rilanciare il proprio impegno in Italia. Invece, al vertice romano di martedì si sono materializzati ben altri scenari. L'azienda non è convinta che il provvedimento di Palazzo Chigi possa assicurare l'abbattimento dei costi dell'energia sino a raggiungere i 30 euro a megawattora («soglia sopra la quale non siamo in grado di lavorare», è la linea di Pittsburgh) e soprattutto non crede che il decreto possa superare indenne il controllo della Commissione europea sugli aiuti di Stato.


ALCOA-ENEL

Fonti vicine al colosso dell'alluminio fanno sapere che alla base dei problemi ci sono «soltanto questioni economiche» e non un cambio di strategia industriale. L'Alcoa vorrebbe stringere un rapporto diretto con una società di produzione dell'energia elettrica (l'Enel): contratto bilaterale con costi certi e senza controlli di Bruxelles (perché non ci sarebbe l'impegno diretto dello Stato).


LOMBARDO CAUSTICA

«L'Alcoa sta assumendo un atteggiamento vigliacco e inaccettabile», sostiene il presidente del Consiglio regionale Claudia Lombardo. «La posizione interlocutoria assunta a Roma dai vertici dell'azienda manifesta la reale volontà di chiudere la fabbrica di Portovesme».


LE CRITICHE DEL PD

Dal Pd sardo arrivano le critiche sulla gestione della vertenza: «Denunciamo la totale inadeguatezza e incapacità della Giunta e del presidente della Regione davanti alla vicenda Alcoa», sottolinea il consigliere regionale Giampaolo Diana. «Ancora una volta il presidente della Sardegna non si dimostra all'altezza della situazione. E ancora una volta non si fanno valere le ragioni dei sardi con il Governo».


GIULIO ZASSO

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