Alcoa:porteremo a Roma la nostra rabbia

Pubblicato il da sandro

«Se non anticipano l'incontro a Palazzo Chigi, andremo a Roma a prendercelo»: lo dicono chiaro i lavoratori che affollano la sala assemblee dell'Alcoa. Anzi lo urlano al microfono, perché la rabbia è tanta, le scorte di materie prime si assottiglino giorno dopo giorno e quel 5 febbraio sembra troppo lontano. 
LA MINACCIA
«Questo Governo non ci dà l'incontro? E noi andiamo a prendercelo come sappiamo fare - ha detto Nando Mannu, dipendente Alcoa - non possiamo rimanere fermi qui a guardare i nostri figli che muoiono di fame». È una richiesta che accomuna tutti gli interventi: gli operai che ieri hanno gremito la sala assemblee chiedono tutti la stessa cosa: portare a Roma la protesta, la rabbia, la tensione per una decisione (quella della fermata tecnica) che finora è stato impossibile cambiare. «Ma noi non dobbiamo arrenderci, dobbiamo combattere - ha detto Claudio Gambula - l'Alcoa deve dire chiaramente cosa intende fare, e se qua non vuole stare il Governo li mandi via e cerchi un'alternativa, perché deve essere chiaro a tutti che questa fabbrica non può chiudere».

FAMIGLIE DISPERATE

Interviene anche Claudia, la moglie di un dipendente: «Non voglio ridurmi a chiedere l'elemosina con mio marito - ha detto la donna - dobbiamo farci sentire, questa cosa non può passare. E dobbiamo essere tutti uniti: i sindaci, che finora sono stati al nostro fianco, gettino a terra le fasce tricolori, denuncino così il disagio di questo territorio».

PROTESTA A ROMA

Ci sarà dunque la marcia su Roma, il Sulcis ancora una volta porterà nella capitale tutto il disagio per l'imminente fermata di una fabbrica che da lavoro a circa 2 mila persone, considerando l'indotto. «Dobbiamo decidere le modalità operative del viaggio, ma non c'è dubbio che si andrà a Roma», dice Rino Barca, segretario della Fsm Cisl. La data del 5 febbraio sembra a tutti troppo lontana: le scorte di pece sono al lumicino, l'allumina dovrebbe bastare sino alla prima settimana di febbraio. E poi, che ne sarà della produzione, della fabbrica, dei lavoratori? Prima dell'assemblea i vertici aziendali hanno incontrato i segretari territoriali dei metalmeccanici e la Rsu di fabbrica ed hanno confermato la fermata tecnica, parlando anche di cassa integrazione, integrativo e mobilità. Ammortizzatori sociali, ecco al momento l'unica certezza per i lavoratori.

LE REAZIONI

 «L'Alcoa ha deciso, a prescindere da qualunque condizione, basta vedere quanta allumina hanno inviato la scorsa volta - dice Franco Bardi, segretario della Fiom Cgil - tutto pianificato. Ma noi dobbiamo farci sentire, il Governo deve farsi carico del risultato negativo maturato finora perché, come abbiamo detto sin dall'inizio, la fabbrica deve stare aperta con o senza Alcoa». Il segretario della Cub, Angelo Diciotti, individua due responsabili: «Alcoa, che continuava a presentare nuove richieste, e il Governo, che qualche bugia ce l'ha raccontata, come il 7 gennaio quando ci ha fatto credere che l'accordo con l'Enel fosse praticamente concluso». Per Andrea Cuccu, segretario della Uilm, «adesso stiamo pagando lo scotto della poca autorevolezza avuta dal Governo nella questione della multa dell'Ue, e Alcoa si è mostrata sempre titubante su ogni provvedimento». Per la partenza a Roma non c'è ancora una data, la macchina organizzativa è già all'opera. Ma intanto la mobilitazione e la tensione a Portovesme restano altissime: già oggi potrebbero esserci altre iniziative di protesta da parte dei lavoratori.


ANTONELLA PANI

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