Il rigore si è già visto: è il momento dell'equità

Pubblicato il da sandro cherenti

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    di Marco Noce
  Equità e rigore, in questi giorni, sono i concetti al centro del dibattito politico nazionale. Nel Sulcis Iglesiente, spicchio dannato di Sardegna dove vive e soffre l'80 per cento dei cassintegrati sardi, assumono sfumature particolari. 
Il rigore, per esempio, lo si è visto in azione nelle bacchettate europee a provvedimenti, bocciati come aiuti di Stato, senza i quali le fabbriche chiuse non ripartono. O nei tagli che hanno assottigliato i bilanci comunali al punto che ci sono paesi (Piscinas e Tratalias, l'abbiamo raccontato nei giorni scorsi) dove ad aprire e chiudere i cancelli del cimitero sono, a turno, sindaci e assessori.
Quanto all'equità, è l'aspirazione sempre frustrata di chi finora ha portato sulle spalle tutto il peso della crisi e ha visto altri camminare leggeri (e, spesso, impuniti).
È l'equità a fare da architrave alla proposta rivolta dai tre principali sindacati alla Provincia e ai Comuni della porzione di territorio sardo più colpita dalla crisi industriale.
Certo, i sindacati fanno il loro mestiere. Ma chiedere di risparmiare l'addizionale Irpef a chi già deve campare con una porzione di stipendio non è solo difesa di diritti corporativi: è, visti i segnali di malessere, buonsenso. Idem chiedere a consiglieri, assessori, sindaci e presidente di sforbiciare le loro indennità per scongiurare la soppressione di servizi rivolti principalmente ai più deboli. 
Sono i numeri (30 mila disoccupati, altri 3000 in cassa integrazione o mobilità, più qualche altro migliaio che trema per un posto di lavoro a rischio) a mettere fuori gioco ogni accusa di populismo, qualunquismo o antipoliticità.

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