Russia e Libia Grandi affari d'Italia

Pubblicato il da sandro

                        Corriere della Sera
60 miliardi per lo sbarco di russi e libici


Campagna acquisti Finora investiti 5 miliardi.

Ma ne sono già pronti altri 60 Russia e libia.

Grandi affari d'Italia Gheddafi punta a energia e hi-tech.

 Gli imprenditori dell'Est attratti dal mattone Dopo Eni e Unicredit, i nuovi obiettiv sono:

 Telecom, Terna e Finmeccanica DI STEFANO RIGI Almeno cinque miliardi di euro già investiti e pi di 60 pronti ad arrivare.

 La campagna d'Italia di Russia e Libia ha obiettivi ambiziosi:
da Telecom all'acciaio, da Finmeccanica all'Eni, passando per alcune delle ville pi anmiirate nei posti al top della Penisola. Un fiume di denaro e qualche preoccupazione strate
gica.

DI CIESA E TROVATO

 

 Campagna ditalla Gli obiettivi in settori strategici, ma attira anche il mattone Finanza e hi-tech, 60 miliardi per lo sbarco di russi e libici Tripoli guarda alla tecnologia e alla difesa di Finmeccanica.
 A Mosca studiano il dossier Eni e mettono le mani sull'acciaio DI STEFANO RIGI vietati, la stampa subisce censu ra e Gheddafi nel 1970 ha espulSessanta miliardi di euro so spogliandoli delle loro pro- per comprarsi l'Italia prietà ventimila italiani.
 In Rusche conta.
 Non importa sia Viadimir Putin è cresciuto se pubblica o privata.
Un nei servizi segreti del Kgb sovietipezzo dell'Eni, una poltrona di Unicredit, la tribuna vip della Juventus, gli altoforni della siderurgia.
E con programmi ancora pi ambiziosi, da Telecom Italia al gioiellino pubblico Finmeccanica e alla sua controllata Ansaldo Energia, fino al colosso delle costruzioni Impregilo e alle Assicurazioni Generali.
Le offerte non mancano.
Due le direttrici da cui provengono le proposte migliori: Libia e Russia.
Un fiume di denaro e qualche preoccupazione nonostante le recenti dichiarazioni all'Onu:
in Libia le libertà civili sono ridotte, i partiti Sevorsta Alexei Mordashov, n i del gruppo siderurgico proper co e il processo di apertura dell'economia non è stato accompagnato da un parallelo sviluppo delle strutture democratiche.
Ma per molti oggi conta solo il business.
Eppure anche qui le cautele si dovrebbero moltiplicare:
l'italia ha dimostrato di saper essere un mercato tra i pi aperti, ma gli interessi stranieri sono spesso indirizzati verso società leader in settori strategici.
Con ovvi rischi prospettici per il sistema-Paese.
ltaIa in vendita Spesso si tratta di partnership commerciali.
 Altre volte di partecipazioni di minoranza (quasi invocate, come fu nel caso di Unicredit nel mezzo della tempesta finanziaria di un anno fa), talvolta di cessioni vere e proprie.
Pezzi significativi dell'industria e della finanza che vengono acquistati con la facilità di una seconda casa.
 E sebbene la crisi abbia rallentato l'appetito russo nell'ultimo anno, Tripoli e Mosca sono ancora molto attratte dalle potenzialità delle aziende italiane.
 L'estate ha visto rincorrersi voci (smentite) di un'entrata libica in Finmeccanica.
 Ma la partita è ancora aperta
. E c'è un dato su cui riflettere:
 la Libyan investment Authority (Lia) è stata creata nel dicembre di tre anni fa con una dotazione di 50 miliardi di dollari di capitale.
 Il leader libico Gheddafi ha successivamente sottolineato che il 90 per cento degli investimenti libici all'estero avranno come destinazione privilegiata l'Italia.
Solo quest'affermazione vale un fiume di denaro da 45 miliardi di dollari diretto sia verso le blu chip italiane che verso le pmi, tanto che Mediobanca ha un ruolo non secondario nell'indirizzare questi investimenti.
 A cui, poi, si aggiunge la quota russa.
Qui i conti si complicano.
Perché i petrodollari di Tripoli arrivano passando per la scrivania del colonnello Ghed dafi, mentre dopo la caduta del muro, sebbene Mosca sia sempre capitale, i petrorubli hanno formato cento rivoli, sono sovente parcheggiati all'estero (Londra, Svizzera, Lussemburgo) e rispondono non pi a un disegno-Paese ma alla libera determinazione degli oligarchi.
I russi La Severstal di Alexei Mordashov, 44enne re dell'acciaio, manifest tutta la sua forza nel 2004 comperando in due rate il 70 per cento della Lucchini, oggi diventato 80 per cento. Aprì la strada.
Dopo di lui, che non ha mai nascosto l'interesse per Ansaldo Energia, sono arrivati in tanti. Sessantacinquemila i russi che vivono ìn Italia.
 Una dozzina le consociate russe presenti in Italia, dove contano pi di 10 mila dipendenti e un fatturato superiore ai tre miliardi di euro.
L'ucraino Rinat Akhmetov con la Metinvest è uno degli ultimi arrivati, ma a San Giorgio di Nogaro, vicino a Udine, non lo dimenticheranno facilmente:
ha pagato 1 miliardo di euro a Vittorio Malacalza per avere la proprietà della Trametal, che Malacalza aveva fondato vent'anni prima.
L'acciaio, si sa, piace ai russi.
 La Rusal ha acquisito la sarda Eurallumina, il gruppo Evraz che fa capo a Roman Abramovic in due tranche si è portato a casa la totalità della Palini & Bertoli e c'è chi assicura che non sia finita. In altri settori l'Afk di Vladimir Evtushenkov ha comperato la Finmek, il colosso Renova di Viktor Veksekberg ha puntato prima cento milioni sulla bresciana Energetic Source poi ha messo le mani sul 51 per cento di Marina Blu, la società della nuova darsena di Rimini, e infine ha certificato la passione russa per il mattone italiano (vedi pagina 3), investendo 40 milioni di euro (pi i costi di una ristrutturazione impegnativa) per villa Feltrinelli a Gargnano, sul Garda, ultima resi- *** denza di Benito Mussolini, da trasformare in albergo.
flibici I rapporti italo-libici sono certificati ai pi alti livelli dall'accordo di cooperazione firmato nell'agosto 2008 dai due governi.
Ma solo pochi mesi prima, a Milano, era maggio, all'auditorium dell'Assolombarda, Abdarrahman M. Algamudi, segretario del Tavolo libico per gli investimenti, colpì la platea di imprenditori tratteggiando un piano di investimenti per modernizzare il paese libico, voluto da Gheddafi, dal valore di 153 miliardi di dollari.
 Un'enormità.
 Per questo da un anno e mezzo il dossier Libia è su tutte le scrivanie che contano, non importa se sul lato della domanda o dell'offerta.
 Rapporti di vecchia data.
Era il 1976 quando la Lafico entr nel capitale di Fiat, mentre era il 1997 quando partecip invitata da Mediobanca all'aumento di capitale di una Banca di Roma provata da 2.700 miliardi di lire di perdite, acquisendo il 3 per cento delle azioni.
Da allora molto tempo è passato e quasi nessuno ricorda quando, dopo l'attentato di Lockerbie, Ronald Reagan etichettava Gheddafi come
 «il pazzo del Medio Oriente».
Oggi l'Italia è il primo partner commerciale per la Libia. Una posizione che vale 20 miliardi di euro nel 2008, in crescita del 27 per cento sull'anno precedente.
 Lì le imprese italiane andranno a costruire strade e reti telefoniche, da lì l'Eni che a Tripoli lavora dal 1959, erano i tempi di Enrico Mattei oggi ricava non meno di 250 mila barili di petrolio al giorno, il 30 per cento delle importazioni italiane
. E sempre dalla Libia arriva il 12 per cento del gas importato. Un intreccio colossale di interessi.



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