In pensione a 55 anni
di Antonella Pani
Le fabbriche non riaprono? Meglio mandare in pensione il maggior numero di dipendenti possibile ricorrendo all'istituto della mobilità, che significa a casa con un assegno mensile in attesa delle pensione. Nel caso del Sulcis l'intervento dovrebbe essere straordinario: sette anni di mobilità per portare alla pensione senza ulteriori sconquassi economici e sociali i lavoratori oltre la cinquantina. La mobilità lunga potrebbe interessare almeno 120 lavoratori delle aziende ancora chiuse, la Ila e l'Eurallumina.LA PROPOSTA
è il segretario provinciale della CIsl del Sulcis Iglesiente Fabio Enne, a ipotizzare uno scenario del genere pensando soprattutto a due realtà in forte sofferenza, la Ila e l'Eurallumina. «Per una crisi infinita come quella che sta attraversando il Sulcis servono misure eccezionali - premette il segretario della Cisl - l'obiettivo principale è ovviamente la ripresa produttiva delle fabbriche, ma abbiamo il dovere di pensare anche ad altre strade, che non devono precludere la riapertura degli stabilimenti»
LO SCENARIO
Dopo la ritirata dei coreani (interessati a rilevare la fabbrica fallita, il cruccio principale è rappresentato dalla Ila: dal primo gennaio 166 operai rischiano di ritrovarsi disoccupati, un nuovo dramma occupazionale alle porte. «La Regione e il Governo devono prendere in mano la questione - fa rilevare Enne - la nostra proposta va a beneficio dei lavoratori che possono raggiungere il requisito della pensione con il ricorso alla vecchia mobilità lunga, quella dei sette anni, come strumento indispensabile per il carattere eccezionale della crisi».
MOBILITÀ
Un percorso che, solo nel caso della Ila interesserebbe più di 60 lavoratori. Ma che potrebbe essere valido anche per altre realtà industriali. «Vale anche per l'Eurallumina - dice il segretario della Cisl - per cui esistono ancora elementi di ripresa produttiva che purtroppo non si sostanziano».