Eurallumina, indagato il direttore
Disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti per i fanghi rossi
Il pm Marco Cocco lascia aperto uno spiraglio: se l'azienda farà proposte concrete per la messa in sicurezza e il riavvio degli impianti la magistratura toglierà i sigilli.
Hanno chiesto il dissequestro dei bacini dei fanghi rossi ma non hanno fatto nulla per ottenerlo. Il gip Giovanni Massidda è chiarissimo: nell'ordinanza con cui respinge la richiesta dell'Eurallumina di Portovesme il giudice sottolinea le «gravi inadempienze» dell'azienda, una disponibilità solo «generica a correre ai ripari dopo essere venuta meno agli obblighi di corretta gestione con potenziali pericolose conseguenze sulla salute umana e sull'ambiente» e la mera enunciazione dell'intenzione di riprendere l'attività «mediante l'uso del bacino dei fanghi rossi senza specificare le modalità temporali e tecniche con cui vorrebbe utilizzare il sito nel rispetto delle norme».
UN INDAGATO E non è ancora tutto: il provvedimento del giudice svela che il direttore dello stabilimento Nicola Candeloro, già assessore provinciale all'Industria, è indagato per disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti. La prima ipotesi è legata alle «reiterate, perduranti e gravi inadempienze» nella prevenzione della polverosità, nel non porre fine all'estrazione dell'acqua dal sottosuolo e nella mancata sorveglianza dell'area testimoniata dai furti di apparecchiature e componenti elettriche che hanno interrotto le attività avviate dal ministero. L'inerzia è continuata nonostante i solleciti del custode giudiziale Marco Lupo che è anche il direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche presso il ministero dell'Ambiente: per evitare guai seri sono dovuti intervenire in emergenza i carabinieri del Noe. L'accusa di traffico di rifiuti illeciti si riferisce, invece, al fatto che l'acqua di falda venisse reimpiegata nel ciclo produttivo dell'Eurallumina.
LA CONSULENZA L'ordinanza sintetizza anche la consulenza tecnica affidata dal pm Marco Cocco a Mario Manassero dell'Università di Torino: quel documento sottolinea la «persistente nocività, sotto il profilo degli aspetti ambientali e della stabilità geotecnica, del bacino di stoccaggio di fanghi rossi e la perdurante inadempienza della società». Ecco perché il giudice valuta «insufficiente e generica la disponibilità dell'Eurallumina al mantenimento delle attività di messa in sicurezza, attualmente gestite dal custode, con l'utilizzo di un proprio impianto opportunamente potenziato».
LO SPIRAGLIO Ma la magistratura non sembra arroccata sul no. Anzi. Il pm Cocco, nel formulare parere negativo alla richiesta di dissequestro dei bacini, ha concluso con un passaggio importantissimo: «Mi riservo di valutare ulteriormente i presupposti per la revoca del sequestro preventivo quando fossero offerti, a cura dell'Eurallumina (assistita dall'avvocato Luigi Concas), gli indispensabili elementi di conoscenza e valutazione in ordine ai profili sopra evidenziati». In parole semplici: se l'azienda farà proposte concrete la magistratura toglierà i sigilli.
M.F. Ch.