Alcoa, nella notte blitz alla centrale Enel

Pubblicato il da sandro

Portovesme.
Gli operai hanno bloccato lo scarico del carbone.
Intanto ripartono i forni per lo zinco, tornano al
 lavoro 140 dipendenti



Il blitz è scattato in piena notte. Quando mancava mezz'ora alla una del mattino un centinaio di operai dell'Alcoa di Portovesme hanno varcato i cancelli dello stabilimento occupato e si sono riversati davanti alla centrale termoelettrica dell'Enel.
Un blitz improvviso con un obiettivo preciso: bloccare i cancelli della centrale, in particolare i varchi di accesso al carbonile.
 Davanti al muro umano si sono dovuti fermare i camion carichi di carbone, il combustibile della centrale, appena sbarcato dalle stive di un mercantile approdato nel pomeriggio nelle banchine dello scalo industriale di Portovesme.
Niente alluminio, niente carbone: è la nuova parola d'ordine degli operai dell'Alcoa ormai decisi a tutto pur di evitare la chiusura della loro fabbrica.
 L'obiettivo Enel non è casuale: è proprio l'elevato costo dell'energia ad avere messo in ginocchio la loro fabbrica.
Il blocco era ancora in atto nel cuore della notte e non si sa quando verrà rimosso. Gli operai rischiano, tenere una nave ferma in porto ha costi altissimi, qualcuno dovrà pagare. Ma la disperazione fa vincere qualsiasi paura.
 La protesta va avanti
Per una fabbrica che rischia di fermarsi un'altra riaccende i motori. Alla Portovesme srl ripartono da oggi i forni Waelz, spenti da febbraio. Rientrano al lavoro 140 persone, tra dipendenti diretti e degli appalti, che sono rimaste in cassa integrazione per nove mesi.
Un segnale di speranza in un polo industriale che sforna cassintegrati a tempo indeterminato, dove le fabbriche si fermano ma non ripartono e anche i grandi colossi vivono in emergenza, come sta succedendo in queste settimane ad Alcoa.

L'ECCEZIONE
 In questo scenario il riavvio del Waelz, l'impianto della Portovesme srl dove si produce zinco utilizzando i fumi di acciaieria, rappresenta un'eccezione: un buon numero di lavoratori torna alla normalità, un reparto produttivo riparte.
 Resta ancora fermo il ciclo di produzione del piombo, che probabilmente non sarà riavviato prima di maggio 2010:
per circa 300 operai, tra diretti e imprese, continuerà la cassa integrazione.
 «Questa è una giornata importantissima per noi», dice Tore Cappai, delegato Filcem Cgil della Rsu di fabbrica,
«perché finalmente un pezzo fondamentale della fabbrica riprende a marciare.
Certo, resta in sospeso la questione del Kss, dove si produce il piombo, e ci auguriamo che i problemi ancora in attesa di una soluzione definitiva, come l'energia a prezzi competitivi e il contratto di programma per incentivare gli investimenti, possano essere archiviati nel più breve tempo possibile».

IL CASO ALCOA
 ben diversa, come detto, la situazione nella vicina fabbrica di alluminio dell'Alcoa. Il rischio chiusura che incombe sullo stabilimento, mette a rischio circa 2000 posti di lavoro.
Continua il presidio dei lavoratori e, soprattutto, prosegue il blocco dell'alluminio in uscita.
Una forma di protesta che sta creando seri problemi alla compagnia Alcoa, impossibilitata a rifornire i suoi clienti abituali (tra cui importanti aziende nazionali dall'altra parte del Tirreno) a causa dell'iniziativa degli operai.
Intanto, a proposito della strategia allo studio del Governo per abbassare i prezzi dell'energia, venerdì l'Autorità per l'energia ha approvato una delibera che fissa le regole per l'interconnessione con le reti elettriche estere.
 «È singolare che per superare il problema dei costi energetici sia necessario rivolgerci all'estero, quando proprio sotto di noi c'è una straordinaria fonte di energia come il carbone», dice Francesco Sanna, senatore del Pd. Dopo l'assemblea di sabato in fabbrica, lavoratori, organizzazioni sindacali e sindaci sono impegnati ad organizzare la trasferta di giovedì a Roma.
 Luciano Uras, consigliere regionale dei Comunisti, Sinistra sarda, Rossomori ha proposto che a Roma ci sia anche il Consiglio regionale.

ANTONELLA PANI

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